sabato 29 gennaio 2011

Giardini condivisi

(da Milano Green) A Chiasso 59 famiglie di ortolani hanno trovato spazio in un’area industriale dismessa traformata in orto collettivo condiviso. Ha curato il progetto Sophie Agata Ambroise, architetto paesaggista che da tempo ha messo a disposizione delle comunità urbane le sue competenze e soprattutto la sua straordinaria motivazione. Guardate il filmato, racconta tutto lei, l’idea è bellissima: gli orti sono aperti e condivisi, consentono vere coltivazioni a sostegno delle famiglie e offrono un spazio per il tempo libero con tavoli comuni, panchine, grill. E poco importa se i rumori di fondo sono quelli di una grande centro urbano: la natura ci sta comunque, basta volerlo.
Guarda il film Giardinieri planetari

Naerum Allotment Gardens

Naerum Allotment Gardens by Carl Theodor Sorensen, Denmark, 1952



 Nærum, Denmark, are considered one of C. Th. Sørensen 's most important creations. In 1948 40 oval allotment gardens, each measuring c.25 × 15 m/80 × 50 ft, were laid out on a rolling lawn, a common green, in a fluid progression. The gardens are mostly placed so that the oval lies across the curves of the slope. This use of the rolling terrain, combined with the sweeps and curves of the hedges, accentuates the dynamic impression. The individual garden plots are enclosed compartments surrounded by hedges; their cottages may be situated in different ways, but comply with the overall plan. The hedges were originally intended to be both clipped and unclipped, using such species as hornbeam, hawthorn, privet, and roses, but today there are mostly privet and hawthorn, clipped in different heights and forms. The design of the individual garden plots was left up to each owner, but a guide from C. Th. Sørensen shows various models. The allotment gardens are situated close to a large public housing scheme, Nærumvænge, with flats and terraced houses, characterized by its homogeneous look and red hipped roofs. C. Th. Sørensen landscaped the green spaces here also.

Read more: 
Nærum allotment gardens



Critical Garden


come costruire un critical garden (dal blog 22 passi)


MANUALE DEL GIARDINO ABUSIVO
Qui di seguito ci sono un po’ di consigli su come dedicarsi ai CriticalGardens, riassunti in un elenco di undici punti base su cui meditare. Non sono regole, sono solo alcuni suggerimenti di giardinaggio urbano.
1. Individuate un terreno abbandonato nella vostra zona.
Vi sorprenderà scoprire quanti piccoli appezzamenti di suolo abbandonato e pubblico ci siano. Aiuole trascurate, fioriere di cemento piene di rifiuti nelle quali le piante crescono senza controllo, zone abbandonate… Sceglietene uno vicino a casa, che magari vedete tutti i giorni andando a lavorare o a fare la spesa, e adottatelo. Sarà molto più facile prendersene cura.
2. Pianificate la vostra missione.
Scegliete un giorno e segnatelo sulla vostra agenda come come la giornata giusta per partire all’attacco con il vostro Critical Garden. Invitate amici che vi sostengono oppure arruolate degli sconosciuti con condividono le vostre idee annunciando l’attacco sul sito www.criticalgarden.com
3. Trovate un fornitore locale di piante.
Più a buon mercato, meglio è. Per chi abita in città, rivolgetevi a negozi di fai da te, supermercati e grossisti locali. Le piante che costano meno sono quelle gratis. Capita che dei vivai abbiano delle piante in più da donarvi per la causa. O fatevi amico qualcuno con un giardino. Pensate a questi luoghi come a dei campi di addestramento per raccogliere sementi, talee e piante adatte alla grande avventura del crescere nel selvaggio suolo pubblico. Se vi avanza del materiale, rendetelo disponibile ad altri Critical Gardeners della vostra zona mettendo un avviso nella pagina web.
4. Scegliete le piante per la battaglia in prima linea.
Pensate a piante robuste – in grado di resistere alla mancanza di acqua e al freddo e, in alcune zone, di essere calpestate dai passanti! Per buona parte del tempo queste piante devono saper badare a se stesse. Pensate ad un impatto visivo – colori, fogliame da sempreverdi, dimensioni. Queste piante devono poter creare un’area verde per buona parte dell’anno. Visitate la pagina web per per condividere le vostre conoscenze di orticultura.
5. Procuratevi dei sacchi.
Sacchetti di plastica e sacchi della spazzatura non solo vi aiutano a non sporcarvi le scarpe, ma sono essenziali per eliminare i detriti. Rifiuti, vasi da fiore e sassolini vanno portati via. Per i detriti più piccoli riutilizzate sacchetti trasportati dal vento; per quelli più consistenti riutilizzate sacchi da compostaggio o da materiali edili. La loro spessa plastica non si strappa e potete usarli per trasportare un bel po’ di materiali al più vicino contenitore per rifiuti.
6. Innaffiate regolarmente.
Una delle responsabilità del Critical Gardener è quella di continuare a prendersi cura dei propri interventi. Il Critical Gardener di solito si porta dietro l’acqua per innaffiare (a New York si possono utilizzare idranti dei vigili del fuoco della strada); si possono usare le taniche per la benzina, ideali per trasportare liquidi. L’unico problema è che a volte dei passanti possano scambiarvi per piromani notturni.
7. Bombe di semi.
Per le aree ad accesso difficile o dove non è possibile scavare, utilizzate una “bomba di semi”, costituita da semi e terreno avvolti in una capsula “esplosiva”. Le istruzioni sono state scritte nel 1973 dal New York’s Green Guerrillas e sono state gentilmente fornite da DonaldLoggins.
8. Passate parola.
Fate sapere cosa avete fatto infilando dei volantini informativi sotto le porte dei residenti della zona di guerra del Critical Gardens, affiggeteli sulle cabine telefoniche od alle fermate degli autobus, conficcate un cartello nel terreno. Cercate di parlarne con i passanti, portatevi dietro degli attrezzi da giardinaggio di scorta. Accogliete con favore stampa e media locali, in particolare se contribuiranno ai costi dell’iniziativa, cosa che spesso fanno.

Parco Nord Milano


Orti urbani  al Parco Nord

I primi 35 orti all'interno del Parco vennero attrezzati e regolamentati alla fine degli anni '80, secondo una strategia di rivitalizzazione delle fasce di parco più vicine alla città, a favore degli anziani, con una precisa filosofia progettuale e gestionale. Un apposito Regolamento degli Orti disciplina le modalità di richiesta, di assegnazione e di conduzione dell'orto. L'esperienza ormai decennale di gestione degli orti urbani ha portato alla pubblicazione di una monografia, nel corso del 2004, Orti: Racconti di Vita tra gli ortaggi, a cura di Dalla Francesca V. e D'Alessandro F., disponibile gratuitamente. Un'idea progettuale si è nel tempo trasformata in un vero e proprio servizio educativo poiché si crea una relazione altamente fidelizzata tra parco/utente, a partire da un processo di partecipazione degli anziani nella manutenzione di una piccola porzione di parco, a fine orticola.

Sostenibilità e socialità

di Francesco Bevilacqua (da Terranauta)

NELLE METROPOLI MODERNE ESISTONO PICCOLE MA NUMEROSE E IMPORTANTISSIME REALTÀ: GLI ORTI URBANI. QUESTE ESPERIENZE SONO IN GRADO DI PORRE RIMEDIO, SEPPUR A LIVELLO MICROSCOPICO, ALLE STORTURE DEL SISTEMA CONSUMISTICO E CAPITALISTICO: COSTITUISCONO DEI POLMONI VERDI PER LE METROPOLI INDUSTRIALIZZATE, EDUCANO A PRATICHE AMBIENTALI SOSTENIBILI, RISPONDONO ALL'ESIGENZA DI "FARE COMUNITÀ" E OFFRONO UN'ALTERNATIVA ALLE CATEGORIE SOCIALI EMARGINATE DALLA SOCIETÀ MODERNA.


orto_urbanoOrti urbani: un polmone verde nel cuore delle metropoli industrializzate

La jungla di cemento della città occidentale del 2000 offre infiniti scorci urbani, la maggior parte dei quali costituisce esempi decisamente negativi dal punto di vista di chi parteggia e si batte per il recupero della forma originaria del rapporto tra uomo e natura che in queste realtà moderne si è oramai dissolto.
Tuttavia, fra grandi tangenziali a quattro corsie, giganteschi e alienanti centri commerciali e uffici popolati da stuoli di frenetici impiegati si possono trovare scorci di vita che, pur nella loro apparente semplicità, costituiscono uno spiraglio di sopravvivenza non solo dal punto di vista ambientale, ma anche da quello comunitario, sociale e - perché no? - anche economico.

Stiamo parlando degli orti urbani. Di primo acchito si potrebbe pensare a questo tipo di strutture come il rifugio dell’umarell - l’omarello, il pensionato, il vecchietto - ma dietro a questo microcosmo urbano c’è molto di più. Un punto di vista ambientale, dicevamo; l’orto può costituire infatti, un’alternativa su piccola scala alla grande agricoltura intensiva, basata su ritmi di coltivazione innaturali, sull’ampio utilizzo di pesticidi, fitofarmaci, fertilizzanti, strumenti atti a conseguire - secondo la logica capitalistica della “crescita a ogni costo” - il massimo rendimento per ettaro in termini di produzione, merce e quindi guadagno.
È quasi inutile dilungarsi a spiegare le conseguenze negative di queste pratiche: alterazione dei cicli naturali, inquinamento del suolo e dell’aria, annientamento della biodiversità, fino ad arrivare alla commercializzazione di prodotti di qualità scadente, spesso addirittura dannosi per la saluta di chi li consuma.
Completamente diversa la sensibilità con cui il coltivatore dell’orto svolge il suo lavoro: anzitutto è del tutto assente la ricerca del profitto e dell’ottimizzazione della produzione, concetti inconciliabili con un approccio sincero ai cicli di produzione naturali. La cura dell’orto avviene attraverso metodi tradizionali, frutto dell’antica sapienza contadina, rispondenti a un’esigenza di semplice sostentamento e autoproduzione e permeati da un profondo amore e senso di gratitudine nei confronti della terra.
Ma i risvolti positivi in termini ambientali non si fermano al rifiuto della pratica intensiva e alla coltivazione di prodotti sani; gli orti urbani costituiscono un fondamentale polmone verde per le città e contribuiscono spesso al recupero di aree degradate, sporche e abbandonate della metropoli. A New York dal 1978 esiste Green Thumb, un’associazione patrocinata dal Dipartimento dei Parchi che, forte di 600 membri e un mercato di 20.000 persone, ha l’obiettivo di risanare zone degradate riconvertendole in orti urbani, i quali forniscono prodotti ortofrutticoli per mercatini biologici comunitari; oltre a questo, l’esperienza di Green Thumb (letteralmente Pollice Verde) fornisce spazi sociali per gli anziani, organizza feste per le comunità di quartiere ed elabora progetti di studio a contatto con la natura per bambini e ragazzi.
pollice_verdeLogo di Green Thumb, un’associazione patrocinata dal Dipartimento dei Parchi di New York che ha l’obiettivo di risanare zone degradate riconvertendole in orti urbani
Insomma, gli orti rappresentano un tentativo da parte della natura di riappropriarsi dei suoi spazi in ambito urbano, degli spot - macchie - grazie ai quali essa ci aiuta a sopravvivere anche in quei luoghi da cui l’abbiamo completamente estromessa.
Sin qui abbiamo parlato del risvolto ambientale della faccenda, ma la realtà ortiva assume una grande importanza anche dal punto di vistasociale, o ancora meglio comunitario. Coloro che si dedicano maggiormente a questa pratica sono gli anziani - il 60% dei coltivatori degli orti urbani ha fra i 60 e i 70 anni, il 30% ne ha più di 70. Essi appartengono a una categoria troppo spesso dimenticata, forse perché - raggiunta una certa età - ha perso quella capacità produttiva che è oggi l’unica credenziale che permette di contare qualcosa nella società dei consumi, dove il sapere e l’esperienza non sono più un valore, tant’è che oggi non si parla più di sapienza ma know how- letteralmente “sapere come [fare qualcosa]” -, una dote finalizzata esclusivamente alla produzione. La coltivazione ortiva, ispirata ai principi dell’agricoltura permanente - la permacultura -, basata sul rispetto dei ritmi e dei quantitativi naturali e sulla condivisione delle risorse, non utilizza il know how, quanto piuttosto la vecchia saggezza contadina dei nostri padri e dei nostri nonni, frutto di una vita vissuta a contatto, in simbiosi e in osmosi con la natura.
Un ulteriore valore degli orti urbani è quindi quello di costituire un punto di incontro per la comunità, un impegno fruttuoso per gli anziani che, piuttosto che rinchiudersi in casa a fissare la TV (non per niente il declino delle esperienze ortive in Italia comincia dagli anni ’60, in corrispondenza del boom della televisione), escono nei giardini e nei cortili, parlano fra loro, si confrontano sui prodotti che coltivano, regalano al vicino il pomodoro più succoso del loro orto, mettono la loro frutta a disposizione dei ragazzi del quartiere per educarli a preferire prodotti naturali alle merendine confezionate piene di conservanti e coloranti. La comunità che coltiva gli orti costituisce quasi un rallentatore, un tentativo di riequilibrare i ritmi frenetici imposti dalla società moderna, che - come Tonnies ci insegna - sostituisce le relazioni meccanicistiche ed estemporanee ai legami sinceri, duraturi e naturali che animano invece la comunità.
innaffiare_ortoErica Zanetti ha realizzato, in collaborazione con il Comune di Bologna, una mostra fotografica per conoscere la realtà cittadina, forte di più di 100 chilometri quadrati di terreni ortivi
Per concludere questa riflessione, ecco un breve flash sull’effettiva situazione della realtà degli orti urbani in Italia. Molti comuni, da una ventina d’anni a questa parte, stanno riconoscendo il valore di queste esperienze creando strutture apposite e indicendo bandi e concorsi per l’assegnazione e la gestione degli orti cittadini. A Torino, Treviso, Bergamo, Milano, Bologna ma anche in comuni più piccoli come Castenaso, Vedano al Lambro, Orbassano, Savona si stanno moltiplicando le iniziative e i programmi volti a favorire la diffusione di questa pratica.
Ognuno dà poi particolare rilievo a un aspetto particolare: il comune di Buccinasco insiste particolarmente sul valore in termini di socializzazione e risoluzione ai problemi di emarginazione di particolari categorie (anziani, invalidi, vedovi e vedove); a Milano si inseriscono gli orti nel progetto di ungrande polmone verde, dotato di un percorso ciclabile e un’area boschiva; a Reggio Emilia sono coinvolti anche i giovani, che vengono educati alle pratiche sostenibili di autoproduzione e compostaggio; a Bologna l’artista Erica Zanetti ha realizzato, in collaborazione con il Comune, una mostra fotografica per conoscere la realtà cittadina, forte di più di 100 chilometri quadrati di terreni ortivi.
Il quadro complessivo appare quindi più che mai incoraggiante: un po’ tutti stanno cominciando ad accorgersi del piccolo miracolo degli orti cittadini, in grado di concentrare in 50 metri quadrati opportunità di decrescita, sostenibilità ambientale, occasioni di socializzazione e recupero dei valori comunitari.

Orti urbani a Milano


di Daniel Tarozzi (da Terranauta)
Come nasce l’idea di realizzare orti urbani? Come hanno reagito i milanesi, assuefatti a smog ed inquinamento, a questa iniziativa? Quali gli obiettivi da raggiungere? Queste ed altre le domande che abbiamo posto a Claudio Cristofani, architetto e gestore di 130 orti urbani a Milano.

orti"E' proprio vicino alle peggio città che si devono proporre gli orti urbani, che io preferisco chiamare giardini familiari"
Claudio Cristofani, vivi a Milano e gestisci 130 orti urbani. Com’è possibile?
Milano è una realtà assai vivace sul piano della creatività imprenditoriale e, tutto sommato, questa è nata come attività di impresa che fornisce un servizio “urbanistico”. Forse ciò è possibile anche per il grande numero di persone che costituiscono un immenso bacino di potenziali fruitori, o forse perché Milano come città è un po’ ostile e ci costringe ogni giorno a reinventarci per sopravvivere. Comunque, per chi trova stimolanti le difficoltà, Milano è un bel campo pratica. Qui si mangia pane e stress. Vivere a Milano e gestire 130 orti urbani è la giusta contraddizione che rende tutto più originale e fonte di gioia. Se è vero che per godere del cibo devi provare la fame, per godere del sole devi provare la pioggia, per godere della salute devi provare la malattia, per godere della gioia che la terra sa dare devi provare l’oppressione dell’asfalto. Quindi è proprio vicino alle peggio città che si devono proporre gli orti urbani, che io preferisco chiamare giardini familiari. Per il resto, gestire 130, 260, 10.000 orti urbani o giardini familiari è cosa assolutamente praticabile a condizione che siano ben realizzati gli impianti di supporto e che si determini efficacemente un obiettivo condiviso dagli utilizzatori dei giardini stessi. Inoltre si deve considerare che Milano è una città nella quale la fruizione del verde pubblico, scarso o male collocato e peggio attrezzato, deve essere reinventata. Sul piano personale, essendo io un architetto, credo di avere una certa predisposizione funzionale per tutto ciò che riguarda l’allestimento degli spazi dove svolgere attività umane, compresa la vita all’aria aperta che si realizza negli orti urbani.

Come è nata l’idea di realizzare degli orti urbani e quando?
L’idea, come sempre, è nata per caso, ma sul substrato delle mie “speculazioni” (pensiero che indaga un problema senza alcun dato sperimentale) urbanistiche sul tema delle aree a standard vincolate dai PRG, ma non trasformate dalle competenti autorità in verde fruibile, e normalmente neppure acquisite, ma semplicemente vincolate. Più in generale, l’idea nasce anche dalla mia propensione a “regolamentare” quelle attività umane positive, ma che se vengono svolte in regime di anarchia normativa risultano negative per il disordine oggettivo e la litigiosità delle relazioni.
Il passo dall’osservazione degli orti abusivi (indescrivibili per accumulo di rifiuti e marginalità sociale) alla creazione di orti-giardini regolamentati è abbastanza breve. Ovviamente doveva capitare un evento casuale e cioè che la mia famiglia disponesse di un’area vincolata e che la sola manutenzione in attesa di un improbabile esproprio fosse fonte di perdite economiche.
fruttaRispetto alla richiesta di qualità organolettica del cibo, connessa alla possibilità di consumo entro tempi molto brevi dal raccolto, la proposta dell’orto urbano è assolutamente gratificante
Che tipo di risposta ha avuto? Hai notato un aumento della richiesta nel tempo?
Per qualche anno ho raddoppiato il numero degli orti, per fare fronte alle nuove richieste, spontanee. Oggi si nota un incremento di richiesta che corrisponde alla diffusione dei temi legati alla qualità del cibo, del tempo libero, del rapporto con la natura. Non mi sembra che, nonostante la crisi economica, si possa riproporre una lettura da “orti di guerra”, grazie al cielo.
Anche se per qualche famiglia o per qualche pensionato può essere interessante il risparmio sugli acquisti. Bisogna osservare che il costo, legato alla necessità di disporre di un’area, attrezzarla e gestire il servizio, riduce abbastanza il beneficio che deriva dalla produzione. Tuttavia, rispetto alla richiesta di qualità organolettica del cibo, connessa alla possibilità di consumo entro tempi molto brevi dal raccolto, la proposta dell’orto urbano è assolutamente gratificante.
Chi è il destinatario ideale di questi orti?
Non si deve pensare ad alcuna categoria come destinataria ideale. Le stesse categorie rappresentate nella società urbana possono essere utenti dell’orto-giardino. Magari con prevalenza per i nuclei familiari che in orari diversi e per diverse funzioni, possono fruire dell’area. Mattina il nonno, per curare lavori al terreno e innaffiare, pomeriggio la mamma con i bambini dopo la scuola, anche per fare i compiti e la merenda all’aperto, ora del the la nonna, perché il sole è meno fastidioso e si può raccogliere con mani esperte, verso il tramonto il papà che dopo il lavoro può finalmente stropicciarsi la camicia e sporcarsi le scarpe per dare l’acqua alle radici delle piante, difendendosi come meglio può dalle zanzare in arrivo.
Non mancano cultori della vita a contatto della natura, amanti del chiacchiericcio pomeridiano, cultori del barbecue, gruppi di giovani che fingono di zappare o di preparare l’esame universitario e tracannano allegramente qualche birretta seduti sull’erba, fino a tarda ora e vigilando sui recinti e gli accessi.
Quanto costa affittarne uno e che servizio offri?
75 mq costano 360 euro/anno, iva compresa. Si ha diritto all’acqua di falda sia come scorta intiepidita in un fusto da 300 litri per ogni orto che come erogazione al rubinetto, negli orari prefissati in base alle stagioni. Ogni orto ha un recinto che può essere costituito da una siepe, oppure da una staccionata in legno, oppure da un sistema misto legno-rete plastificata. Parcheggio interno in zona separata e senza interferenze con gli orti, possibilità di impiantare un gazebo tessile e gli arredi di base per il barbecue, una cassa in legno abbastanza grande per contenere gli attrezzi principali.
Tutto circondato da una corretta quantità di verde percorribile a piedi e di aree di prato per il gioco libero dei bambini.
Qual è il tuo obiettivo per il futuro?
Devo convincere le amministrazioni comunali ad inserire nei Piani Regolatori delle aree di “verde privato” nelle quali si possano realizzare dei veri e propri consorzi di proprietari di orti-giardini, ben regolamentati e gestiti, in prossimità degli abitati, ma anche di aree di verde pubblico di tipo classico.
Per fare ciò sto preparando un progetto di orto-tipo che superi alcuni limiti di allestimento che ho rilevato in quelli realizzati da me a Milano in via Chiodi. In questi casi sarebbe prezioso il recupero delle cascine, anche in attività, per tutte le necessità di assistenza (vangatura meccanica, concimazione, corsi, ostelli per chi volesse fermarsi vicino all’orto nel week end, servizi igienici, piccola ristorazione agrituristica, festicciole, ecc). In alternativa si dovrebbe pensare a dei piccoli edifici di supporto costruiti al centro di ogni consorzio.
ortoIn Italia il clima e il territorio sono ovunque favorevoli allo sviluppo di orti urbani
Quale il ruolo degli orti urbani nelle moderne città?
Inimmaginabile. Sul tema conviene visitare il sito dell’Office International du Coin de Terre e des Jardins Familiaux.
Credi che la tua iniziativa sia esportabile in altre città italiane?
In Italia il clima e il territorio sono ovunque favorevoli. Credo che anche nelle realtà meno urbanizzate ci sia un grande numero di persone che non può disporre, nel proprio giardino, di un’area coltivabile e che abitando in condominio vorrebbe trascorrere del tempo all’aperto, senza annoiarsi su una panchina o guardando, inattivo, una partita di bocce.
Qual è la differenza tra la realtà italiana e quella degli altri paesi europei?
Le viste dal satellite sono utilissime per valutare le differenze, dato che la precisione delle riprese è tale da consentire una precisa individuazione delle aree destinate agli orti-giardini, che sono molto frequenti ed estese in Germania, Francia, Belgio, Olanda, Svizzera, Austria, Polonia. Meno frequenti in Italia, Spagna, Grecia. 
Le modalità con piccole casette di servizio che sono frequenti all’estero non dovrebbero essere riproposte da noi, dato che difficilmente resistiamo agli abusi edilizi. La tipologia che sto studiando consentirebbe una custodia sufficientemente sicura per i propri attrezzi, ombra e anche un buon riparo in caso di maltempo improvviso, senza dovere costituire una “casetta” in ogni orto. 
Nota bene. Italia Nostra ha adottato un protocollo con l’Anci per favorire la costruzione di nuove realtà di orti urbani. Credo che i Comuni, in generale, abbiano trascurato il messaggio.

sabato 22 gennaio 2011

Costruire naturale: orti a Milano

Orti urbani in via Chiodi, nella periferia sud di Milano

Lotti già assegnati, in funzione da qualche anno, altri in attesa di locazione, altri da tracciare, attrezzare e recintare su un terreno confinante ancora libero.
Il sistema di gestione privata e affitto degli orti funziona bene. Con una rendita accettabile, per il locatario, e una dotazione di spazi e attrezzature sufficienti per i coltivatori.
Ogni lotto ha una superficie di circa 75 mq, di cui 13 sono dedicati a spazio di servizio e il resto alla coltivazione.
Possibili temi di progettazione:
1. la recinzione di ogni lotto, necessaria per evitare l'intromissione indebita di animali selvatici (conigli) e domestici e di persone.
2. il sistema di fornitura e di conservazione dell'acqua.
3. la dotazione di servizi collettivi: bagni, luoghi di raccolta per attrezzi e sementi.
4. la dotazione di luoghi per la socializzazione: tavoli da pranzo, spazi liberi attrezzati per eventi comuni.
5. sistemi di accessibilità e di distribuzione per le singole parti dell'insediamento.
6. sistemi di delimitazione e di accoglienza dell'intero complesso.
7. definizione dei margini dell'insediamento: la strada, il parco, i campi coltivati.